La luce
INTRODUZIONE:
Luce Forma di radiazione elettromagnetica, come il calore, le onde radio e i raggi X. La luce consiste sostanzialmente di rapidissime oscillazioni del campo elettromagnetico, in un particolare intervallo di frequenze che possono essere rivelate dall'occhio umano e che costituiscono il cosiddetto campo del visibile. I diversi colori della luce corrispondono alle diverse frequenze di vibrazione del campo elettromagnetico, che sono comprese tra circa 4 × 1014 vibrazioni al secondo (hertz) per la luce rossa, e circa 7,5 × 1014 vibrazioni al secondo per quella violetta. Lo spettro della luce visibile si definisce generalmente in termini di lunghezza d'onda, e va dalla lunghezza d'onda minore, quella del violetto, pari a circa 40 milionesimi di centimetro, ai 75 milionesimi di centimetro della lunghezza d'onda del rosso. A frequenze più alte di quella della luce violetta (e quindi per lunghezze d'onda più piccole), si trovano la radiazione ultravioletta e i raggi X. A frequenze più basse (lunghezze d'onda più grandi) si trovano invece la radiazione infrarossa e le onde radio. La radiazione luminosa viene generalmente prodotta dalla vibrazione degli elettroni in seguito, ad esempio, a forti sollecitazioni termiche: maggiore è la temperatura, maggiore è la frequenza di vibrazione degli elettroni e quindi della radiazione emessa.
NATURA DELLA LUCE :
La luce si propaga in linea retta in tutte le direzioni, raggiungendo, man mano che si allontana dalla sorgente che l'ha emessa, aree sempre più ampie. Quando colpisce un oggetto, essa può essere riflessa, diffusa o assorbita. In relazione alla natura della superficie su cui incide la radiazione, alcune frequenze vengono riflesse o diffuse meglio di altre, e questo determina il colore con cui vengono percepiti i vari oggetti. Le superfici bianche riflettono con la stessa intensità tutte le lunghezze d'onda della luce, mentre quelle che appaiono nere assorbono praticamente tutta la radiazione incidente. Perché si abbia il fenomeno della riflessione speculare è necessario che la superficie riflettente sia altamente pura e levigata, simile appunto a quella di uno specchio.
La definizione della natura della luce ha sempre rappresentato un problema fondamentale per la fisica. Il matematico e fisico britannico Isaac Newton propose un modello corpuscolare, cioè considerò la luce come composta da fasci di particelle, o in generale di corpuscoli di varia specie, prodotti da tutti i corpi luminosi. L'astronomo, matematico e fisico olandese Christiaan Huygens, invece, attribuì alla luce una natura ondulatoria, spiegandone il meccanismo di propagazione secondo le leggi del moto ondulatorio.
Attualmente si pensa che queste due teorie siano sostanzialmente complementari: lo sviluppo della teoria quantistica ha portato infatti a osservare che, in esperimenti diversi, la luce mostra alternativamente comportamenti tipicamente corpuscolari e comportamenti ondulatori. Nelle situazioni in cui la luce si propaga secondo le caratteristiche del moto ondulatorio, le vibrazioni avvengono lungo una direzione perpendicolare a quella di propagazione, e sono quindi possibili due piani di polarizzazione mutuamente perpendicolari.
Interferenza e bolle di sapone :
Le bande di colori visibili sulle bolle di sapone sono dovute all'interferenza tra i raggi di luce riflessi da una parte e dall'altra della sottile pellicola che le costituisce. A seconda dell'angolazione da cui si osserva il fenomeno, l'interferenza intensifica alcune lunghezze d'onda piuttosto che altre. La disposizione delle bande colorate dipende poi dallo spessore della pellicola di liquido nei diversi punti della bolla.
LA LUCE E LA MATERIA:LA NATURA DUALISTICA DELLA LUCE
Sulla natura della luce si è discusso per secoli e con autorevoli pareri di per sé contrastanti. Possono essere riassunte nel seguente modo:
Formulata da Isaac Newton nel XVII secolo. La luce viene vista come composta da piccole particelle di materia (corpuscoli) emesse in tutte le direzioni. Oltre che essere matematicamente molto semplice (molto più della teoria ondulatoria) questa teoria spiega molto facilmente alcune caratteristiche della propagazione della luce che erano ben note all'epoca di Newton.
Innanzi tutto la meccanica galileiana prevede, correttamente, che le particelle (inclusi i corpuscoli di luce) si propaghino in linea retta ed il fatto che questi fossero previsti essere molto leggeri è coerente con una velocità della luce alta ma non infinita. Anche il fenomeno della riflessione può essere spiegato in maniera semplice tramite l'urto elastico della particella di luce sulla superficie riflettente.
La spiegazione della rifrazione è leggermente più complicata ma tutt'altro che impossibile: basta infatti pensare che le particelle incidenti sul materiale rifrangente subiscano, ad opera di questo, delle forze perpendicolari alla superficie che ne cambiano la traiettoria.
I colori dell'arcobaleno venivano spiegati tramite l'introduzione di un gran numero di corpuscoli di luce diversi (uno per ogni colore) ed il bianco era pensato come formato da tante di queste particelle. La separazione dei colori ad opera, ad esempio, di un prisma poneva qualche problema teorico in più perché le particelle di luce dovrebbero avere proprietà identiche nel vuoto ma diverse all'interno della materia.
Una conseguenza della teoria corpuscolare della luce è che questa, per via dell'accelerazione gravitazionale, aumenti la sua velocità quando si propaga all'interno di un mezzo.
Lo spettro:
Spettro In ottica, serie di colori, ottenuta dalla separazione di un raggio di luce bianca nelle sue diverse componenti: nell'ordine, violetto, blu, verde, giallo, arancione, rosso (un tempo anche l'indaco era riconosciuto tra i colori fondamentali). L'esempio più noto è l'arcobaleno, uno spettro naturale prodotto da fenomeni meteorologici, simili a quelli che si producono quando un raggio di sole attraversa un prisma di vetro.
Scomposizione della luce bianca
Facendo passare un fascio di luce solare attraverso un prisma di vetro, si scopre che in realtà la luce che ci appare bianca è il risultato della sovrapposizione di diversi colori. Questo fenomeno è dovuto alla proprietà del prisma ottico di deviare i raggi di colore diverso in direzioni diverse: la luce rossa subisce la deviazione minore, la luce blu quella maggiore.
Formazione dello spettro luminoso:
La prima spiegazione corretta del fenomeno fu avanzata nel 1666 dal matematico e fisico inglese Isaac Newton. Un raggio luminoso che attraversa la superficie di separazione fra due mezzi trasparenti, come aria e vetro, o aria e acqua, subisce una rifrazione, ossia viene deviato dal cammino originario. L'entità della deviazione dipende dalla lunghezza d'onda della luce interessata; così un raggio di luce violetta, ad esempio, subisce una deviazione maggiore rispetto a un raggio di luce rossa. È in conseguenza di questo fenomeno che, quando un raggio di luce bianca, sovrapposizione di radiazione luminosa di frequenze diverse, attraversa le superfici di separazione aria-vetro e vetro-aria del prisma di vetro, viene scomposto nelle sue componenti fondamentali.
I diversi colori di cui la luce è costituita sono tipi di radiazione elettromagnetica, e in quanto tali differiscono per il valore della lunghezza d'onda o equivalentemente della frequenza, ma sono caratterizzati dalla stessa velocità di propagazione nel vuoto, pari a circa 300.000 km/sec. Due raggi luminosi con la stessa lunghezza d'onda hanno la stessa frequenza, trasportano la stessa energia e appaiono dello stesso colore. L'unità di misura più conveniente per esprimere la lunghezza d'onda è il nanometro (nm), che equivale a un miliardesimo di metro (un milionesimo di millimetro). La lunghezza d'onda della luce violetta varia tra i 400 e i 450 nm; quella della luce rossa tra i 620 e i 760 nm.
Oltre lo spettro della luce :
Durante il XIX secolo si scoprì che lo spettro elettromagnetico comprendeva anche la radiazione ultravioletta e la radiazione infrarossa, entrambe esterne alla banda del visibile. La definizione del termine spettro fu di conseguenza ampliata per includere la radiazione invisibile: l'infrarosso e le onde radio con lunghezze d'onda più grandi di quella del rosso, i raggi X e i raggi gamma per le lunghezze d'onda inferiori a quella del violetto.
Studio dello spettro elettromagnetico:
La spettroscopia è la scienza che utilizza la misura di spettri per le sue indagini: lo spettroscopio è lo strumento che permette di produrre e osservare uno spettro, lo spettrografo permette di registrarlo fotograficamente; la misura dell'intensità delle singole componenti richiede invece l'uso di uno spettrofotometro. Per misure spettroscopiche particolarmente accurate si ricorre all'interferometro.
La spettroscopia ha fornito anche un metodo importante ed estremamente preciso di analisi chimica, ed è stata inoltre il principale strumento per le scoperte in campi apparentemente distanti come l'astrofisica e la fisica atomica. In generale, i cambiamenti di posizione degli elettroni più esterni di un atomo danno luogo a emissione di radiazione, e quindi generano uno spettro di luce visibile, infrarossa e ultravioletta. La variazione di posizione degli elettroni più interni, invece, produce spettri di raggi X. Le modifiche nella configurazione dei nuclei atomici producono spettri gamma, e infine le variazioni di configurazione delle molecole generano anch'essi spettri nel visibile e nell'infrarosso (vedi Luminescenza).
Spettri di altra natura:
In ambito scientifico, oggi il termine "spettro" viene applicato a qualunque scomposizione ordinata proveniente dall'analisi di un fenomeno complesso. Un suono come il rumore, ad esempio, può essere analizzato in uno spettro acustico e scisso in vari toni di diversa altezza. Analogamente, una mescolanza di atomi o molecole ionizzate di vario peso atomico si può separare, mediante l’uso di uno strumento chiamato spettrometro di massa, in una sequenza ordinata chiamata spettro di massa.
Onda e moto ondulatorio:
Onda elettromagnetica Perturbazione dello spazio vuoto o di un mezzo, generata da una sorgente elettrica, pertinente alla propagazione del campo elettromagnetico. Sorgente di onde elettromagnetiche sono le cariche elettriche accelerate, che con il loro moto irradiano nello spazio circostante parte dell’energia posseduta, provocando un’alterazione dello stato del mezzo o dello spazio vuoto circostante.
I vettori d’onda:
Spettro elettromagnetico:
Le onde elettromagnetiche si distinguono per la frequenza di oscillazione del campo che propagano: come è mostrato nell’illustrazione, onde appartenenti ai diversi intervalli di frequenza manifestano proprietà diverse, e vengono utilizzate per applicazioni differenti. Le frequenze che vanno da 105 Hz (100 KHz) a 1011 Hz (100 GHz) sono definite anche onde hertziane: vengono usate per la radiocomunicazione e in campo industriale. Le onde infrarosse hanno origine nelle vibrazioni molecolari: sono, ad esempio, caratteristiche dei laser. Nell’intervallo del visibile cadono le onde provocate dalle transizioni degli elettroni atomici e molecolari e dai corpi incandenscenti, e percepite dall’occhio umano. Della medesima origine sono le onde ultraviolette e i raggi X, questi ultimi generati da transizioni elettroniche fra orbitali atomici molto interni, e dunque caratterizzati da elevata frequenza e considerevole potere penetrante: sono perciò utilizzati nelle indagini e cure mediche e nell’industria, per le analisi dei materiali. Le onde gamma sono di altissima frequenza, superiore a 1019 Hz (10 miliardi di GHz): sono caratteristiche delle reazioni nucleari e altamente penetranti, e dunque particolarmente utili nella cura dei tumori e nel trattamento industriale degli alimenti. Raggi ultravioletti, X e gamma di origine celeste sono anche ampiamente usati in astronomia, per lo studio della struttura ed evoluzione dell’universo.
Le onde elettromagnetiche sono onde trasversali: la perturbazione generata dalla carica elettrica si configura come un vettore campo elettrico E e un vettore campo magnetico H variabili nel tempo, la cui direzione si mantiene in ogni punto e in ogni istante reciprocamente perpendicolare. A tali vettori è associata un’energia, descritta matematicamente da un altro vettore, chiamato vettore di Poynting, che viene calcolato conoscendo E e H, con il prodotto vettoriale P = E×H. P dà la direzione di propagazione dell’energia, sempre perpendicolare a quella di E e di H; è anch’esso dipendente dal tempo e il suo valore medio è pari all’energia portata dall’onda istante per istante. La variazione spazio-temporale dei vettori E e H è descritta dalle equazioni di Maxwell, risolvendo le quali, imposte le opportune condizioni iniziali, si riesce a prevedere come l’onda elettromagnetica si propagherà nel mezzo circostante. Se il mezzo è diverso dal vuoto, le sue proprietà elettriche e magnetiche vengono descritte da opportuni parametri che compaiono nelle equazioni, la costante dielettrica e la permeabilità magnetica.
Onde piane e loro sovrapposizione:
La perturbazione ondosa elettromagnetica più semplice è descritta da una funzione periodica, di tipo sinusoidale. Tale onda viene definita onda piana: abbastanza lontano dalla sorgente e su intervalli di spazio limitati, è una forma d’onda che può essere utilizzata per risolvere analiticamente problemi reali con buona approssimazione. In questo caso i vettori campo elettrico e campo magnetico sono sempre contenuti in un piano, il fronte d’onda piano, che si propaga a velocità v, diretta perpendicolarmente al piano di E e H. Tale velocità si definisce “velocità di fase”; se l’onda elettromagnetica è sovrapposizione di numerose onde piane, come accade spesso nei casi reali, allora ciascuna componente si sposta con velocità di fase v, ma l’energia portata dal gruppo di onde elementari si propaga con una velocità diversa, chiamata “velocità di gruppo”, che è la velocità con cui si sposta tutto il “pacchetto d’onda”, come viene definito. Nel vuoto, la velocità di fase di un’onda elettromagnetica coincide con c, la velocità della luce nel vuoto, pari a 299.792.458 m/s.
Meccanica quantistica Teoria fondamentale della fisica moderna, detta anche teoria dei quanti perché basata sul concetto di "quanto". La teoria spiega le proprietà dinamiche delle particelle subatomiche e le interazioni tra radiazione e materia. Le basi della meccanica quantistica furono poste nel 1900 dal fisico tedesco Max Planck, il quale ipotizzò che l'energia venga emessa o assorbita dalla materia sotto forma di piccole unità indivisibili, chiamate appunto quanti. Trent’anni dopo, la meccanica quantistica aveva già assunto la sua forma definitiva, grazie al contributo di numerosi scienziati, tra cui Albert Einstein, che applicò l’ipotesi quantistica di Planck per spiegare l’effetto fotoelettrico; Niels Bohr, che su di essa fondò il celebre modello atomico che porta il suo nome; Louis de Broglie, che teorizzò la doppia natura delle particelle di materia, corpuscolare e ondulatoria; Werner Heisenberg, che formulò il principio di indeterminazione; Erwin Schrödinger, che diede alla teoria la sua formulazione matematica, e Paul Dirac, che stabilì le relazioni tra meccanica quantistica e teoria della relatività.
LA VELOCITA’DELLA LUCE:
La velocità della luce fu misurata per la prima volta in un esperimento di laboratorio dal fisico francese Armand-Hippolyte-Louis Fizeau, sebbene altre osservazioni astronomiche avessero già permesso di determinarne il valore con una buona approssimazione. Oggi il valore della velocità della luce si conosce con estrema precisione: nel vuoto esso risulta pari a 299.792.458 m/sec. Misurando l'intervallo di tempo impiegato dalla radiazione luminosa per raggiungere un bersaglio e quindi tornare indietro, diventa possibile determinare distanze altrimenti non valutabili in modo ugualmente accurato. In ciò consiste ad esempio il principio di funzionamento del radar e del sonar. L'unità di misura della lunghezza del Sistema internazionale, il metro, è stato ridefinito come la lunghezza del cammino percorso dalla luce nel vuoto in un intervallo di tempo di 1/299.792.458 di secondo. La velocità di propagazione della luce nell'aria varia leggermente in funzione della lunghezza d'onda, e risulta in media minore di circa il 3% del suo valore nel vuoto; la velocità in acqua si riduce invece in media del 25% circa e nel vetro del 33%.
La luce svolge un ruolo fondamentale in moltissimi campi, di cui è impossibile fornire un elenco completo. La luce del Sole ad esempio, è essenziale per le piante nel processo di fotosintesi, che serve a sintetizzare sostanze organiche complesse a partire da molecole inorganiche. Vedi anche Illuminazione elettrica; Interferometro; Laser.
LA PROPAGAZIONE DELLA LUCE:
Un pò di nomenclatura:
La sorgente luminosa più importante per la vita è il SOLE. Anche la Luna è un corpo celeste brillante, però non produce luce, ma diffonde quella che riceve dal Sole. Chiamiamo dunque la Luna sorgente secondaria, mente il Sole sorgente primaria.
Altre sorgenti di luce primaria sono le lampadine ad incandescenza, le lampadine alogene, le lampade a scarica elettrica, i tubi fluorescenti delle insegne, i laser.
Tutti i corpi illuminati sono invece sorgenti di luce secondaria.
Quando la luce incontra un corpo solido, oppure un mezzo liquido o gassoso, può attraversarlo oppure no. Nel primo caso si dice che il corpo è trasparente, nel secondo caso che è opaco. L’aria, il vetro, l’acqua sono mezzi trasparenti; il legno, il muro, il cartone sono corpi opachi.
Esistono anche corpi traslucidi: sono quelli che lasciano passare la luce, ma non permettono di vedere la sorgente da cui essa proviene.
Quando la luce incontra un corpo opaco, essa viene riflessa o diffusa:
se la luce è deviata in una sola direzione, allora si dice che è stata riflessa; questo accade, per esempio, quando la luce incontra uno specchio;
se la luce è deviata in molte direzioni, allora si dirà che è stata diffusa.
La maggior parte dei corpi che ci circondano diffondono la luce che ricevono ed è per questa motivo che noi li vediamo. Per esempio, la copertina di un libro illuminata dalla luce solare o da una lampada diffonde la luce che riceve e ci permette di vedere il titolo.
Ricevitori di luce:
L’occhio è il ricevitore naturale di luce. L’occhio vede sia le sorgenti primarie di luce, sia quelle secondarie. In entrambi i casi, la luce ci permette la visione non parte dai nostri occhi, ma vi arriva sopra.
Noi vediamo un oggetto perché dall’oggetto ci arriva, direttamente o indirettamente, della luce sugli occhi.
Esisto anche dei ricevitori artificiali di luce, che possiamo suddividere in tre gruppi:
ricevitori di immagini, come le pellicole fotografiche
ricevitori di segnali luminosi: fotodiodi e fotoresistenze;
ricevitori di energia luminosa: celle fotovoltaiche.
La propagazione rettilinea della luce:
Una della caratteristiche più importanti della luce è la propagazione rettilinea nei mezzi omogenei e trasparenti. Il fatto che la luce si propaghi in linea retta risulta evidente considerando le ombre generate dagli oggetti opachi illuminati. Una pallina da tennis, ad esempio, è un oggetto opaco; illuminata da una sorgente quasi puntiforme proietta sullo schermo un’ombra netta. Per ottenere l’ombra sullo schermo, tracciamo dei segmenti di retta che rappresentano i raggi luminosi.
In particolare, tracciamo le tangenti alla circonferenza che rappresenta la pallina e le prolunghiamo fino ad intercettare lo schermo. Dove c’è l’ombra non arriva nessun raggio luminoso. Se la sorgente è estesa, intorno all’ombra si forma una zona di penombra, in cui arrivano solo alcuni raggi emessi dalla sorgente.
Le eclissi di Sole e di Luna sono esempi tipici di ombre e penombre.
Raggi e fasci di luce:
Per raggio di luce intendiamo dunque un segmento di retta che indica il tragitto che fa la luce per andare da un punto ad un altro. Il fascio di luce è invece un insieme di raggi emessi dalla stessa sorgente.
È possibile isolare un raggio di luce? Dal punto di vista sperimentale possiamo ridurre un fascio luminoso, facendolo passare attraverso una fenditura praticata in uno schermo opaco per esempio un cartone. Della luce che arriva sul cartone, solo quella che attraversa la fenditura passa oltre. Si potrebbe pensare che, diminuendo opportunamente le dimensioni della fenditura, si possa selezionare dal fascio di luce un singolo raggio molto sottile.
In realtà, non è proprio così: quando la fenditura ha dimensione paragonabili alla lunghezza d’onda della luce, interviene il fenomeno della diffrazione, tipica delle onde: al di là della fenditura, non c’è un fascio sottile ma un cono di luce.
A causa della diffrazione, è possibile isolare un raggio di luce:
RIFLESSSIONE:
Riflessione Fenomeno fisico che si verifica quando un’onda (una radiazione luminosa, un’onda meccanica o qualunque altra grandezza fisica che si propaghi nello spazio con moto ondulatorio), incidendo su una superficie di separazione tra due mezzi diversi, viene in parte o totalmente rimbalzata all’indietro. Nella maggioranza dei casi un fascio di onde viene riflesso solo in parte; la parte rimanente viene trasmessa al di là della superficie, subendo il fenomeno della rifrazione.
Riflessione di impulsi ondulatori La riflessione è un fenomeno che riguarda qualunque tipo di onda. È qui illustrata la riflessione di un'onda meccanica che si propaga lungo una corda vincolata a una delle estremità. Se il vincolo (A1) è libero di scorrere verticalmente, l’onda riflessa ha la stessa fase di quella incidente (C1) e la sua ampiezza nel punto di inversione è doppia (B1). Se invece l’estremo è fisso, le oscillazioni dell’onda riflessa avvengono nel verso opposto (C2) e l’ampiezza nel punto di inversione è nulla (B2).
In altre parole, quando un’onda incontra sul suo cammino una superficie di separazione tra due mezzi diversi, si generano due nuove onde: una – l’onda riflessa – che si propaga all’indietro, nel mezzo da cui proviene l’onda incidente, e un’altra – l’onda rifratta – che penetra nel secondo mezzo. L’energia trasportata dall’onda incidente viene ripartita tra l’onda rifratta e l’onda riflessa secondo una proporzione che dipende dalle proprietà dei due mezzi, quantificate da un parametro detto indice di rifrazione. Nel caso di una superficie perfettamente riflettente, quale è uno specchio per la radiazione luminosa, la riflessione è pressoché totale e la maggior parte dell’energia viene trasferita all’onda riflessa; nel caso invece di un mezzo rifrangente, come il vetro o l’acqua, gran parte dell’energia viene trasmessa e il mezzo appare trasparente.
Il fenomeno della riflessione, che, come già specificato, riguarda onde di qualunque tipo, è particolarmente studiato per le onde luminose. In questo caso, è argomento di una branca dell’ottica detta ottica geometrica, che studia il comportamento della luce in tutti quei casi in cui la sua lunghezza d’onda e il suo carattere corpuscolare, che appaiono evidenti in fenomeni quantistici, possono invece essere trascurati. Un esempio di riflessione che riguardi onde diverse da quelle luminose è l’eco, la riflessione di onde sonore.
Leggi della riflessione della luce:
Le leggi della riflessione stabiliscono quali sono le relazioni geometriche che sussistono tra l’onda incidente e quella riflessa rispetto alla superficie di separazione tra i due mezzi. La prima legge afferma che l’onda incidente, l’onda riflessa e la retta normale alla superficie giacciono tutte su uno stesso piano. La seconda dice che se un’onda incide obliquamente su una superficie, l’onda riflessa se ne allontana in direzione simmetrica; in termini matematici, afferma che l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione, là dove per angolo di incidenza si intende quello formato dall’onda incidente con la retta normale alla superficie di separazione tra i due mezzi, e per angolo di riflessione l’angolo formato dall’onda riflessa con la stessa normale.
Riflessione totale:
In ottica, si parla di riflessione totale quando alla superficie di separazione tra due mezzi diversi l’onda incidente viene riflessa completamente ed è quindi nulla la componente rifratta. Il fenomeno si verifica soltanto in condizioni particolari: nel passaggio da un mezzo più denso a uno meno denso (ad esempio, dall’acqua all’aria) e per angoli di incidenza maggiori di un angolo limite, caratteristico di ciascun mezzo.
Il fenomeno della riflessione totale spiega, ad esempio, l’effetto per cui, nelle giornate particolarmente calde e afose, se si guarda una strada asfaltata in lontananza può sembrare che sia bagnata o coperta di macchie d’olio: le proprietà termiche dell’asfalto fanno sì che gli strati di aria a contatto con il suolo siano più caldi, e dunque più rarefatti di quelli più alti; un raggio di luce, quindi, attraversando l’aria in prossimità dell’asfalto, incontra una superficie di discontinuità – sebbene non netta – tra mezzi con proprietà rifrangenti diverse (gli strati di aria più densi e quelli meno densi); i raggi che incidono a un angolo maggiore dell’angolo limite subiscono quindi una riflessione totale, e un osservatore che guardi il suolo in lontananza ha la sensazione che la strada abbia le proprietà di una superficie perfettamente riflettente.
Il fenomeno della riflessione totale trova svariate applicazioni in strumenti ottici quali il prisma e il periscopio e, nel campo delle telecomunicazioni, nelle fibre ottiche; queste ultime sfruttano la riflessione totale per trasmettere segnali con straordinaria efficienza, senza significative perdite di intensità.
LA RIFLESSIONE SUGLI SPECCHI CURVI:
Un po’ di nomenclatura:
Uno specchio sferico è formato da una calotta sferica di materiale trasparente, che viene argentata da una parte per farle riflettere la luce. Se la superficie riflettente è rivolta dalla stessa parte del centro della sfera, lo specchio si dice concavo; se è rivolta dalla parte opposta si dice convesso.
L’asse ottico dello specchio è una retta che passa per il centro della sfera da cui è stato ricavato lo specchio. L’asse ottico intercetta la calotta sferica in un punto V che si chiama vertice dello specchio.
Si chiama apertura dello specchio l’angolo formato dai raggi che congiungono il centro di curvatura con i punti estremi dello specchio. Nel seguito consideriamo solo specchi che hanno una piccola apertura. I raggi che incidono su uno specchio sferico concavo parallelamente all’asse ottico, vengono riflessi in un punto che si chiama fuoco dello specchio. La distanza di F dal vertice V si chiama distanza focale dello specchio. Per via sperimentale si può calcolare che il fuoco si trova nel punto medio del segmento CV, cioè la distanza focale f è uguale alla metà del raggio r dello specchio:
Immagine formata da uno specchio concavo:
Per trovare l’immagine di un oggetto posto davanti a uno specchio curvo basta applicare le leggi della riflessione.
Cerchiamo di costruire l’immagine di una punta di una freccia. Il raggio 1 esce dalla punta, passa per il centro della curvatura c dello specchio e arriva sulla superficie riflettente con un angolo di incidenza nullo. Questo raggio viene riflesso e torna in dietro nella stessa direzione di quello incidente.
Il raggio 2 è parallelo all’asse ottico; incide con un certo angolo sullo specchio, viene riflesso con un angolo uguale a quello incidente e passa per il fuoco F. L’immagine della punta della freccia si trova nell’intersezione dei due raggi riflessi.
La freccia completa è un insieme di tante parti luminose puntiformi; per ognuna di esse si può trovare l’immagine con la stessa costruzione e si ottiene l’immagine completa dell’oggetto.
L’immagine della freccia trovata nella figura 3° è più piccola dell’oggetto ed è capovolta. Inoltre, l’immagine è reale perché su di essa arrivano i raggi luminosi se però spostiamo la freccia verso lo specchio (figura 3b e 3c), l’immagine cambia. La forma, le dimensioni e il tipo dell’immagine che fornisce uno specchio concavo dipendono sia dalla distanza focale sia dalla distanza dell’oggetto dallo specchio.
Immagine formata da uno specchio convesso:
Nella figura 4 è illustrata la costruzione dell’immagine data da uno specchio convesso. I raggi riflessi divergono dallo specchio e quindi non si incontrano. L’immagine ritrova sui prolungamenti dei raggi riflessi ed è quindi un’immagine virtuale.
La formula dei punti coniugati:
Indichiamo con p la distanza dell’oggetto dallo specchio, con q la distanza dell’immagine (misurate entrambe rispetto al punto V), con f la distanza focale dello specchio (figura 5):
Si può dimostrare che. Per specchi di piccola apertura, vale la seguente relazione (formula dei punti coniugati):
RIFRAZIONE:
Rifrazione Fenomeno fisico che si verifica quando un’onda (una radiazione luminosa, un’onda meccanica o qualunque altra grandezza che si propaghi in modo ondulatorio) si trova a superare la superficie di separazione tra due mezzi con proprietà diverse: l’onda non procede sul suo cammino in linea retta, ma viene deviata di un angolo che dipende dalla sua inclinazione iniziale rispetto alla superficie di incidenza e dalle proprietà dei mezzi in questione. Il fenomeno, che riguarda qualunque tipo di onda, è particolarmente studiato per le onde luminose, nell’ambito dell’ottica geometrica.
Rifrazione della luce Quando un raggio di luce attraversa mezzi materiali diversi, subisce il fenomeno della rifrazione, che consiste in una variazione della velocità e della direzione di propagazione. La deviazione del fascio, ossia l'ampiezza dell'angolo di rifrazione, dipende dal rapporto tra le velocità della luce nei due mezzi. Ad esempio, il fascio luminoso riflesso da un pesce nel mare, passando dall'acqua all'aria, aumenta velocità di propagazione e si avvicina alla superficie di separazione tra i due mezzi. La luce sembra allora provenire da un punto situato al di sopra della reale posizione del pesce, che pertanto appare più vicino alla superficie.
Le leggi della rifrazione della luce:
La prima legge della rifrazione, analoga a quella della riflessione, afferma che l’onda incidente, l’onda rifratta e la retta normale alla superficie di separazione tra i due mezzi giacciono tutte su uno stesso piano. La seconda legge, detta legge di Snell, stabilisce la relazione che sussiste tra gli angoli di incidenza e di rifrazione, date le proprietà ottiche dei mezzi considerati: in termini matematici, afferma che il rapporto tra il seno trigonometrico dell’angolo di incidenza e il seno dell’angolo di rifrazione è uguale al rapporto tra l’indice di rifrazione assoluto del secondo mezzo e quello del primo mezzo, due parametri che rendono conto delle proprietà ottiche di ciascuno dei mezzi considerati.
Il principio di Fermat:
Il comportamento della luce nell’attraversamento di due mezzi con proprietà ottiche distinte trova una spiegazione nel principio di Fermat del minor tempo. Tale principio afferma che la luce, nel passare da un punto A a un punto B, percorre, tra tutti i cammini possibili, il più conveniente in termini di tempo, quello cioè che richiede il minor tempo possibile. Se i punti A e B si trovano entrambi nello stesso mezzo e questo è omogeneo, il cammino più breve possibile è il segmento di retta AB; se invece il punto A si trova, ad esempio, nell’aria, e il punto B nell’acqua, la luce si propaga in linea retta fino alla superficie di separazione aria-acqua e poi devia nel passaggio al secondo mezzo; il cammino da A a B è quindi una linea spezzata, costituita da due segmenti di retta consecutivi. La deviazione si deve al fatto che la velocità di propagazione della luce varia al variare del mezzo: è maggiore nei mezzi meno densi e minore in quelli più densi. Così, nel passare da una sostanza meno densa a una più densa, il raggio di luce si inclina in modo da ridurre il cammino da percorrere a velocità inferiore e da impiegare, come prescritto dal principio di Fermat, il minor tempo possibile.
L’indice di rifrazione:
Le proprietà ottiche di un mezzo sono quantificate da un parametro detto indice di rifrazione assoluto. Si tratta di un numero puro, caratteristico di ogni mezzo, che assume il valore 1 per il vuoto e valori superiori per qualunque altro mezzo materiale. Esso rappresenta il fattore di cui si riduce la velocità di propagazione della luce (e di qualunque altro tipo di radiazione elettromagnetica) quando questa viaggia in un mezzo diverso dal vuoto, rispetto al valore che ha nel vuoto. Vale infatti la relazione v=c/n, dove c è la velocità della luce nel vuoto (circa 300.000 km/s) e n è appunto l’indice di rifrazione assoluto del mezzo considerato. In genere, l’indice di rifrazione assoluto dei gas non si discosta di molto dall’unità (quello dell’aria è 1,000293); quello dei liquidi e dei solidi varia invece da un minimo di 1,3 a un massimo di circa 2,8. Oltre all’indice di rifrazione assoluto, si definisce anche un indice di rifrazione relativo, dato dal rapporto tra gli indici assoluti di due sostanze messe a confronto (in genere, la sostanza di riferimento è l’aria).
In realtà, l’indice di rifrazione assoluto non ha un valore costante, ma varia a seconda della lunghezza d’onda della radiazione considerata. Questo significa che se un fascio di luce bianca attraversa una superficie di separazione tra due mezzi, ogni sua componente monocromatica (ogni onda di una determinata lunghezza d’onda, e quindi di colore diverso) viene deviata a un angolo leggermente diverso. È per questo che, quando un fascio di luce bianca attraversa un prisma di vetro, ne emerge un fascio colorato, in cui le singole componenti cromatiche sono ben distinguibili. Si tratta del principio che spiega il fenomeno della dispersione della luce e, più in generale, di tutta la radiazione elettromagnetica.
Rifrazione della luce nel diamante :
Le proprietà di brillantezza e luminosità del diamante sono dovute al suo alto indice di rifrazione, pari a circa 2,4. Questo parametro, specifico per ogni mezzo materiale, misura l'entità della deviazione subita dalla luce che lo attraversa. Poiché l'indice di rifrazione è diverso per ogni lunghezza d'onda, la luce bianca che penetra in una pietra ne riemerge scomposta nei colori componenti, proprio come da un prisma ottico.
PROGETTO CD-ROM DI FISICA ANNO 2006/2007
ARGOMENTO TRATTATO: LA LUCE
ALUNNI CHE HANNO PARTECIPATO AL PROGETTO :
GIUSEPPE CARTELLA’
ANGELO SCAGLIOLA